Namibiadal 28 Ottobre al 10 Novembre 2012 |
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Circondata dalle dune in mezzo al deserto Namib, ho saputo da Jens, la nostra guida che ci ha portato nel cuore del deserto, cosa significa la parola "namib" nella lingua del popolo Nama. Il luogo era perfetto per capire, o meglio, sentire "il niente" che sarebbe il significato del "namib", il luogo dove non c'è niente. Essendo una grande ammiratrice delle culture orientali non voglio citare tanti maestri Zen che parlano del vuoto e del pieno. Ho trovato una bella frase di W.Shakespeare che mi era nuova: "Il vaso vuoto è quello che rende il suono più ampio." Namibia è un paese fantastico per assaporare il vuoto. Percorrere le lunge distanze dove spesso non c'è niente rende ancora più ampia la sensazione dell'infinito, di libertà. Se uno si aspetta di vedere all'arrivo in un posto chissà che cosa non ha scelto il posto giusto. Dappertutto c'è il nulla, composto da una varietà di cose che scorrono senza sosta davanti agli occhi affamati del viaggiatore. Dimenticare il posto da dove siamo venuti e ascoltare i suoni, sentire la sabbia sotto i piedi nudi, respirare l'aria e semplicemente "esserci" è l'esperienza più bella di Namibia. Per organizzare il viaggio ci siamo affidati a Goldwing Tourism e Jacquelyn ci ha seguiti con molta attenzione e pazienza, sempre pronta a rispondere e accontentare ogni nostra richiesta. Prima di rivolgermi a loro, come al solito, ho letto un po' di opinioni degli altri viaggiatori e la mia scelta si è rivelata ottima. Il periodo del viaggio di due settimane, dal 28 ottobre al 10 novembre, era ancora buono per visitare il paese prima delle piogge. Ci hanno detto che eravamo gli ultimi turisti della stagione che volgeva a termine. Con il volo diretto da Francoforte, Air Namibia siamo arrivati al mattino presto a Windhoek. All'aeroporto ci aspettava un incaricato con la macchina che abbiamo noleggiato, una Toyota Hilux 4x4. Dopo la consegna della carta geografica della Namibia, il programma giornaliero, dettagliato, i voucher e molti consigli utili da parte di Nadia, la mamma di Jacquelyn, siamo partiti per vivere la nostra avventura. I quattro amici conosciutisi in Kenya di nuovo insieme in Africa. Abbiamo percorso un po' più di quattro mila chilometri in quattordici giorni che sono volati come i granelli di sabbia portati dal vento. La guida sulle strade asfaltate e sterrate non era pesante perché si guidava in due, circa quattro ore al giorno. Le soste lungo le strade erano degli gli spazi ben curati e puliti sotto gli alberi, un'area pic-nik indicata con le segnalazioni stradali. Quando mi sono trovata di nuovo in aeroporto guardando il tramonto ho avuto tanta voglia di continuare di sognare, non volevo che finisse, l'infinito mi è entrato dentro. Potrebbe essere una definizione del "mal d'Africa", mancanza di infinito. |